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La guerra e i giochi: la mia infanzia a piazza Bologna
26 Gennaio 2022 FocusRicorrenze
“Bombe e conigli. La mia infanzia a piazza Bologna è un mix di contrasti. Sono nata nel 1936, ho vissuto il periodo della guerra e l’uscita dall’incubo. Ancora oggi mi emoziono se ricordo la prima giovinezza, come se non fossero passati 80 anni dai fatti che sconvolsero Roma e l’Italia intera”.
Inizia così il racconto di Floriana Gigliani, socia Anpi e consigliera municipale della ex III Circoscrizione dal 1980 al 1996. La sua testimonianza è riportata del volume Come eravamo. Nomentano 1865-1960. Sono le parole di una bambina che ha vissuto in prima persona la guerra, la paura e i rastrellamenti. Come quello della famiglia che viveva accanto a lei.
La piccola Floriana con la famiglia e due amici ebrei, Liliana Cohen e Alfredo Sornaga (a destra), 1940
“Sono cresciuta in via Gaetano Moroni 2, in un palazzo di dieci piani all’angolo con viale XXI Aprile. I nostri vicini di casa erano i Cohen, una famiglia ebrea. Nel settembre del 1943 un soldato tedesco accompagnato dalla polizia fascista venne a cercare la figlia Liliana, 37 anni. Il padre, un antifascista, era già al confino in Abruzzo, e dato che la ragazza non era in casa, presero la madre Lina. Quando Liliana tornò dal lavoro – era commessa da Bises, un grande magazzino vicino a piazza del Gesù – mia madre Giuseppina le andò incontro per strada, la prese sottobraccio e la portò a casa nostra per nasconderla. Aveva occhi azzurri , capelli biondi riccetti ed era piccolina. Mio padre le fece avere dei documenti falsi e fu assunta come infermiera alla clinica Ciancarelli in via Morgagni. Quando Roma fu liberata andò a Milano perché qui non aveva più nessuno. Lì si rifece una vita e sposò l’allora vicedirettore del Corriere della Sera. Ogni tanto tornava a Roma e ci veniva a trovare. Ricordo che era golosa di pizza bianca e provava una grande riconoscenza verso i miei genitori che le avevano salvato la vita”.
Floriana ricorda ancora la sirena e la paura che annunciava il bombardamento.
Le sorelle Gigliani in piazza del Campidano, sullo sfondo la Caserma della Guardia di finanza, 1949
“Nel marzo del 1944 ero una bambina. Vivevo in una condizione di semi isolamento da quando erano iniziati i bombardamenti della città. Mia madre mi aveva ritirata da scuola per tenermi protetta a casa. La sirena suonava a piazza Bologna e nel palazzo tra via Lorenzo il Magnifico e via Michele di Lando. In quel periodo la mia famiglia si stava trasferendo da via Gaetano Moroni a via Luigi Pigorini, dove gli appartamenti erano più grandi. Ricordo che al suono dell’allarme i trasportatori abbandonarono i mobili per strada e scapparono. Ricordo perfettamente il suono della bomba che colpì la Caserma della Guardia di finanza. Ero in cortile e vidi arrivare l’ordigno. Sentii prima il fischio e mio zio che era ufficiale dell’esercito mi disse: “Apri la bocca”, per non far saltare i timpani. Il palazzo fu distrutto nell’ala che affacciava su via Flaminio Nardini. Poi fu il panico”.
La storia di Floriana Gigliani e quella di molti altri eroi è raccontata nelle fotografie in bianco e nero del volume Come eravamo. Nomentano 1865-1960.
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