Legata indissolubilmente all’elemento naturale acqua, “La Storia del Portuense” ha origine dalle terre sommerse. Intrappolata tra i grandi bacini, l’acqua marina forma quello che i romani chiameranno Campus Salinarum.
Intorno alla metà del I secolo d.C., l’imperatore Claudio fa costruire la via che poi darà il nome al quartiere: la via Portuensis. È il collegamento con Portus, il nuovo scalo marittimo dell’urbe. Portuense è anche terra di martiri cristiani. In seguito alle persecuzioni di Diocleziano del 303, infatti, nella chiesetta di Santa Passera vengono sepolti gli eremiti egiziani Ciro e Giovanni, mentre nelle Catacombe di Generosa vengono deposti i resti dei martiri Portuensi, Simplicio e Faustino.
Con la decadenza dell’Impero romano, la via consolare diventa una delle strade percorse dagli invasori per arrivare a Roma. È il 455 quando i vandali di Genserico, sbarcati a Portus, la percorrono per arrivare alla scomparsa Porta Portuensis. Solo l’intervento di papa Leone I riuscirà a scongiurare la completa distruzione della città.
Durante il Rinascimento, un semplice casino di caccia vicino al Tevere diventa una residenza papale. Leone X si innamora della tenuta e trasforma la struttura nel Castello della Magliana. Lì lavorano alcuni dei più grandi artisti dell’epoca: Giuliano da San Gallo, Bramante, Gerino da Pistoia, Raffaello.
L’ultimo secolo del Portuense è un variegato susseguirsi di storie. La comunità abruzzese di Rendinara si insedia qui nel 1915 e costruisce la borgata Petrelli. Negli anni tra le due guerre mondiali, la Mira Lanza e la Rectaflex scelgono di produrre qui saponi e macchine fotografi che. Nell’ansa di Pian Due Torri, poi, l’ingegnere agricolo Michelangelo Bonelli trasforma un’area paludosa in una distesa di vigneti e frutteti. L’ultimo capitolo di questa lunga storia ci porta alla stretta attualità. A causa dell’epidemia da Covid-19, nel febbraio del 2020 l’ospedale Spallanzani di via Portuense è il primo punto di riferimento e di studio del virus.