Ogni quartiere di Roma ha una sua memoria, creata dalla Storia, ma anche da episodi, aneddoti e curiosità, che per decenni sono rimasti nelle soffitte, nei cassetti e nella cantine, custodi inviolabili di ricordi. Finché qualcuno non ha deciso di raccogliere tutto quel patrimonio di foto e memorie e di creare un grande racconto corale sulla storia del quartiere. È accaduto nel Trieste-Salario, a Monteverde, a Montesacro e a San Lorenzo. E ora sta per succedere nel quartiere Prati.
L’idea è di Typimedia (editore anche di RomaH24) che si è affidato ad Antonio Tiso, giornalista e fotografo professionista, nato a Verona, ma residente da anni a Roma dopo un lungo trascorso a Torino. Tiso ha già ha curato i volumi della collana “Come Eravamo” per i quartieri Trieste-Salario, Monteverde e Montesacro (quest’ultimo in uscita in libreria e nelle edicole a fine marzo). E ora è pronto per raccogliere una nuova sfida: farsi aprire le porte di casa dagli abitanti del nostro per raccogliere foto, storie e ricordi. Il volume uscirà a marzo in libreria e nelle edicole.
Antonio, ogni quartiere di Roma è come una città a sé, cosa hai travato a Prati che lo distingue dagli altri?
“Ho trovato affascinante scoprire che le caserme costruite a fine Ottocento, inizi del Novecento, servivano a ricordare al Papa ‘guarda che lo Stato della Chiesa è finito. Adesso Roma è la Capitale d’Italia’. Quel mondo di soldati e carabinieri che ancora oggi esiste era un presidio del nuovo status quo. Poi la presenza del Tevere con tutti i suoi fiumi è un elemento di grande fascino, ma anche la presenza della Rai, le parrocchie, i mercati, le scuole, i luoghi dello sport: Prati è densa di storia in ogni angolo. Basta immergersi nel quartiere per capire di essere di fronte a una grande comunità”.
Hai vissuto tanti anni a Torino, in cosa hai riconosciuto Prati come quartiere umbertino?
“Non vivo a Prati, ma quando ci vengo la sento familiare. Un po’ severa nell’aspetto, elegante, ricca di vetrine, grandi vie da percorrere a piedi, il lungo fiume, e la piacevole sensazione di essere in un vecchio salotto sabaudo”.
Fotografo ma anche “ricercatore”, dove hai trovato le immagini del libro?
“La fotografia presuppone sempre una ricerca. Normalmente è legata a un istante o un momento che per noi ha valore. In alcuni lavori di reportage mi è capitato di camminare a lungo per trovare l’ispirazione giusta. Questo vale per i professionisti ma anche che per gli amatori. In un progetto di questo tipo la ricerca è il fondamento: è molto stimolante, perché non sai dove ti porterà. Scavi a ritroso e fai un lavoro di studio ma anche di relazioni, perché solo così, creando un rapporto con gli abitanti puoi dare vita a un libro di ricordi che sia vivo”.
Qual è la foto più antica che hai scovato?
“L’immagine più antica risale al 1860 ed è stata scattata da fuori Porta Angelica. È una vista aperta su quello che diventerà Prati. Ci sono già alcune costruzioni, ma è anche molto bucolica. Un bel contrasto con l’urbanizzazione dei decenni successivi”.
da RomaH24 Prati