Ogni volta che, in giro per l’Italia, soprattutto al Nord, l’interlocutore occasionale mi chiede di dove sono, alla rivelazione “Livorno”, la reazione è quasi sempre la stessa: “Livorno? Lo sa che ci vengo tutti gli anni a prendere il traghetto per la Sardegna, ma alla fine non mi sono mai fermato e non l’ho mai vista?”.
Lo so, peggio per voi, ma lo so. Del resto per Livorno, città semidistrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, ricostruita in chiave industriale-operaia e da almeno un quarto di secolo chiamata a riconvertirsi faticosamente in un terziario di servizi più o meno avanzati, la vocazione turistica è solo una riscoperta recente. Con una memoria condivisa da ricostruire e valorizzare di quando, a cavallo tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, fu una delle capitali preferite dei viaggiatori provenienti da tutta Europa, inserita come tappa obbligata dei “Grand Tour” cari a reali, letterati, artisti, geni d’impresa e spregiudicati avventurieri.
È proprio andando a ritroso nel tempo, in quel passato di fasti straordinari e attrazioni irresistibili, miscele vitali di mare, terme, musica, pittura, poesia e bel mondo che, tra una scoperta e l’altra, si trovano la ragione vera e la funzione auspicata di questo viaggio per immagini ed emozioni. Un patrimonio ambientale, culturale e soprattutto di umane passioni che, ne sono certo, vi sorprenderà. Perché in questo luogo nato apposta per fare da incrocio aperto alle civiltà di mezzo mondo troverete lo spazio, le luci, i colori, le voci, i sapori di quel brivido meraviglioso che si chiama libertà.
Giuseppe Mascambruno
curatore del volume Livorno, le 100 meraviglie (+1)