La Storia di Catania per Typimedia Editore ha visto la nascita dei suoi capitoli salienti durante il lockdown del 2020, seguito dall’altalenarsi delle zone arancioni e rosse, con tutte le limitazioni del caso.
Catania fantasma: le strade vuote, come un set che attenda soltanto il “ciak” per mettersi in movimento, far uscire fuori la gente.
Quelle stesse strade, però, nel frattempo assumevano per me un altro significato. Negli intervalli di normalità, potevo vederne ogni strato, immaginarne gli scenari alternativi, ricostruiti dalle parole dei principi di Biscari e Goethe, dai disegni di Jean Houel, restituiti da leggende, proverbi, dall’agiografia.
Ho scoperto che a Catania pressoché ogni luogo o monumento vive su più piani: lo storico e il leggendario tra tutti. Come il castello Ursino di Federico II di Svevia, divenuto sede del Parlamento siciliano, ma raccontato come dimora di terribili giganti. O ancora il liotru, simbolo della città: l’elefante in pietra lavica di piazza Duomo, talismano di fattura bizantina da un lato, roccia animata da un mago dall’altro.
Oggi, al posto del Monastero dei Benedettini in collina, posso immaginare le capanne dei primi abitanti, diventate case con l’arrivo dei greci, ville patrizie con i romani. Quegli stessi romani donano a Catania città imperiale non solo monumenti tutt’ora visibili – come il Teatro –, ma anche un grande amore: Sant’Agata martire, la cui storia prende vita tra le vie di Catania, ogni tappa celebrata da una chiesa in sua memoria. Tre sono i giorni di festa a lei dedicati, in una città che, dopo la devastazione del terremoto della val di Noto del 1693, è riprogettata anche per accogliere al meglio questi festeggiamenti.
Il terremoto, infatti, è un colpo di spugna: cancella le tracce caotiche dell’antichità, del passaggio di arabi, normanni, ebrei, e si adorna del suo volto barocco contenuto nell’abbraccio delle mura di Carlo V. Un volto dove trovano posto altre fondamentali aggiunte: il Teatro Vincenzo Bellini, il palazzo delle Poste o il palazzo di Giustizia di epoca fascista, lo stadio Cibali, tempio del Calcio Catania 1946.
Le strade che hanno visto genti d’ogni epoca o provenienza, ricostruite dopo terremoti, colate laviche, dopo le bombe della seconda guerra mondiale, oggi sono di nuovo piene. L’Etna fa da sfondo, con i suoi spettacoli pirotecnici, e tiene tutti a testa all’insù. Il fumo del vulcano si confonde con il vapore dei piatti portati ai tavoli dei ristoranti, i getti d’acqua della pescheria, i palloncini dei bambini in piazza.
Catania, “ciak”, si gira.
Natasha Puglisi
curatrice del volume “La Storia di Catania”