Quanto è lungo un secolo? E soprattutto cento anni sono una distanza temporale sufficiente per evitare che possano essere commessi gli stessi errori?
I cento anni dalla Marcia su Roma sono un traguardo che impone una riflessione. Non solo sul fascismo in generale, ma soprattutto sulla sproporzione tra le caratteristiche quasi rocambolesche di quell’evento e la portata che avrebbe avuto per il Ventennio fascista e per la storia d’Italia.
Sì, perché la Marcia su Roma non fu un’invasione militare, non fu una rivoluzione di popolo, non fu un movimento di massa. Semmai fu la sintesi tra le camaleontiche abilità politiche di Mussolini e la rabbia violenta dei gruppi organizzati nati dai Fasci di combattimento. Una sintesi che tuttavia avrebbe dato inizio alla fine e aperto le porte alla peggiore delle dittature.
Cento anni dopo in Italia si torna a parlare di fascismo e soprattutto di fascisti. O meglio di neofascisti. “Marcia nera. Ottobre 1922, i giorni che sconvolsero l’Italia”, il libro edito da Typimedia che apre la collana “Le Svolte”, diventa quindi l’occasione per osservare con gli occhi dei protagonisti lo scorrere di quegli eventi e, rubando il loro sguardo, cercare di capire se – come sempre accade – la storia possa ripetersi. Solo la consapevolezza, la conoscenza, la capacità critica verso il passato può metterci al riparo dal rischio del rewind, e dalla paura di inciampare su quell’imperdonabile leggerezza in cui caddero i nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni. Quella di credere che marciare su Roma sarebbe stato un modo come un altro per rivendicare i propri diritti e Mussolini un altro politico al quale affidare il proprio futuro.
Daniele Autieri
autore di “Marcia nera. Ottobre 1922, i giorni che sconvolsero l’Italia”